Pubblicato il 23/03/2020

Casolét: nel formaggio piccolo c’è il gusto buono

Tra le montagne, le valli, i laghi ed i boschi, ma soprattutto le tradizioni di ogni tipo, del Trentino – Alto Adige è ben noto lo spirito di adattamento dei suoi abitanti ad un territorio che sa come essere più “duro”. Il lavoro nei campi e sui grandi prati di montagna era infatti tra i più faticosi di sempre ed il bestiame, praticamente dell’oro che camminava su quattro zampe, non poteva certo essere consumato dai suoi proprietari che dovevano venderlo al mercato solo quando era tempo. All’epoca, però, si poteva comunque usufruire di quello che producevano gli animali per ricavarne degli alimenti semplici, ma comunque sostanziosi e che rinfrancassero sia le carni che lo spirito. Basti pensare a uova e latte che, assieme ad altri ingredienti, andavano a costituire la base di quello che sarebbero stati burri, formaggi e così via.

Il formaggio è, infatti, un ottimo esempio di come si possa ricavare il massimo da quel poco che si ha a disposizione e, allo stesso tempo, caratterizzare un prodotto con tutti gli aromi e le sensazioni che un determinato luogo è in grado di dare. È questo dunque il caso di un particolare formaggio proveniente dalla Val di Sole, anche se diffuso nella lombarda Val Camonica, il Casolét. Ma cosa significa esattamente e da dove ha origine? Cerchiamo di scoprirlo insieme.

Prima di tutto il termine Casolét, in dialetto solandro, significa letteralmente “piccolo formaggio” e pare derivi dal latino “caseolus” che vuol dire, per l’appunto, “formaggino”. Altri ancora sostengono che derivi dalla derivazione dialettale del termine “casa” visto che si era soliti prepararlo nel proprio ambiente domestico. Di forma cilindrica, il Casolét è ricavato con il latte intero dei bovini solandri ed ha una crosta sottile che, al suo interno, cela una pasta bianco crema ed è ricca di tutto il sapore e la fragranza delle erbe di montagna e degli aromi naturali.

Le sue dimensioni, di solito, hanno uno scalzo compreso tra i 7 ed i 12 centimetri circa per un diametro che oscilla tra i 10 ed i 22 centimetri. Il peso varia poi tra l’uno ed i due chili, ma essendo comunque un prodotto “casalingo” è logico che non dovesse per forza sottostare a delle regole particolari in fatto di misure. Quello che era certo era però il periodo della sua preparazione, ovvero l’autunno, quando le mucche erano già tornate dai pascoli montani e lo si poteva consumare in vista del vicino e freddo inverno. Tenete poi conto che anche la sua stagionatura oscillava tra i 20 ed i 30 giorni e quindi lo si consumava fresco.

Oggi il Casolét può fregiarsi della qualifica di Presidio Slow Food che recita “l’obiettivo del Presidio che riunisce otto produttori è di recuperare la produzione a latte crudo delle piccole tome fatte un tempo in autunno, alla discesa dai pascoli estivi”.

Anche noi alla Forst vogliamo ricordare questo fantastico formaggio montano ed anche voi potrete assaporare la tradizione trentina con il nostro risotto al Teroldego e frutti di bosco mantecato con il Casolét oppure nel tagliere di salumi e formaggi nostrani assieme a luganega trentina, carne salada, mortandela nonesa, Trentingrana, Vezzena, Crucolino e condimenti vari.

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